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Verde, magenta e nero
2017/2025

 

​Gli incendi senza fine nella macchia mediterranea, il viraggio in verde prova a trasfigurare i luoghi devastati dalle fiamme, una ricognizione botanica e paesaggistica tra illusione e svelamento. ​​

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Apri documento/Area di lavoro, pittura/Filtro fotografico 1, 100%/filtro fotografico 2, opacità variabile/unisci livelli.

Francesco Piazza, 2025

Verde, magenta e nero, 2017/2025 

Collezione della pinacoteca del Museo Minà Palumbo, Castelbuono, Palermo.


Le ferite inferte dagli incendi ai paesaggi madoniti sono narrate da Alessandro Di Giugno attraverso uno sguardo critico e volutamente provocatorio. Nelle sue fotografie, la tonalità del verde si carica di una potente ambiguità semantica, passando da un sussurro di latente speranza a un’aspra denuncia dello scempio perpetrato. Le immagini, attraversate da una tensione palpabile che coniuga l’estetica dello sguardo all’urgenza etica, trasmutano il dolore in una meditazione di profonda intensità contemplativa. Egli registra con attenzione le cicatrici indelebili impresse dalla mano dell’uomo sul corpo vulnerabile della natura, offrendo al contempo una riflessione sulla sua capacità di opporre resistenza e di innescare, tenacemente, processi di rigenerazione.

Stefania Cordone, 2018
Verde, magenta e nero. Galleria Putia. 
Castelbuono, Palermo.


Nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma”, eppure, davanti al devastante spettacolo che va in scena ogni anno in Sicilia, quando gli incendi estivi sfigurano il paesaggio indifeso, sembra ci sia solo distruzione. La serie fotografica dell’artista Alessandro Di Giugno è un inedito codice di denuncia di questo abuso stagionale, che costruisce un percorso visivo che ritrae alberi, piante e intere vegetazioni bruciate in immagini ancora verdi, ma non per questo vive. La natura rappresentata viene avvolta da un filtro verde 0,255,0 che trasfigura il paesaggio e scandisce due fasi: dapprima l’illusione - ipocrisia per certi aspetti - che tutto sia “verde”, che tutto sia “ok”. Eppure in fondo amplifica, anticipandola, la capacità rigenerativa della natura, perché tutto ciò che era devastazione è irradiato da un significato positivo, che attiene molto alla Sicilia, quasi sempre in grado di riemergere da ceneri apparentemente irrimediabili. Un lavoro - quello proposta da Alessandro Di Giugno - intorno alla missione stessa della fotografia, al significato e alle modalità distorte della rappresentazione del reale, che in Magenta riesce a fondere componenti destruens con costruens, denuncia con ricerca. 

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