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Olympic barter. 

Le bandiere del mondo e il baratto dei pins.

Parigi, Agosto 2024.

Un racconto dell’attività di baratto dei pins, spillette da bavero, sul viale di ingresso al villaggio olimpico di Parigi nell’agosto del 2024. 

Succede in molti eventi sportivi, una piazza di scambio prende vita spontaneamente, gli atleti da ogni luogo del mondo, poi i volontari, sono una risorsa. Nel loro andirivieni dal villaggio arrivano sempre con nuove spillette, un mercato di scambio attivissimo, una festa, come operatori in borsa ognuno fa la sua offerta, i collezionisti aprono le danze. La regola è barattare, solo i bambini che abitano lì attorno cavano qualche euro dalla vendita delle spillette, anche da me, il desiderio di averne almeno un paio è grande, per partecipare allo scambio bisogna tenere un tesoretto di bandiere. 

Ciò che prevale ai miei occhi è il panorama di piccoli drappetti nazionali che si accavallano, si incrociano, qui i confini sembrano svanire, vedo in quei centimetri quadrati una sovversione della mappa del mondo. Quasi in tutti pins che ho osservato lo stemma delle olimpiadi è impaginato accanto alle bandiere nazionali, mi chiedo, sarà questo il deterrente che fa di questi simboli nazionali, spesso ambito distruzione e prevaricazione identitaria, pedine da collezionismo, segni innocui? 

Una pratica che sa di umana resistenza al belligerante confinamento contemporaneo, velata di gioco, bandiere nazionali sono figurine da collezione, lo spettro della guerra, degli scontri identitari non si palesa.

Chi ha immaginato le olimpiadi moderne pone come principio fondamentale che nello sport non esistano stranieri. 

Ancora una volta una bandiera, una nazione non è la somma delle singole parti.

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